La notizia era nell’aria già da diverso tempo, ma dopo l’ultimo Consiglio dei ministri è arrivata la conferma: i termini del concordato preventivo sono stati riaperti e, per aderirvi, gli aventi diritto avranno tempo fino al 12 dicembre 2024. Alla base di questa scelta c’è la volontà dell’esecutivo di attrarre più risorse dal patto fiscale con i cittadini, con i fondi che verranno subito dedicati a sovvenzione della Manovra 2025. Il rischio flop per la misura era troppo alto, con solo pochi cittadini che avevano deciso di aderire al concordato, motivo questo che ha spinto al rivedere i piani.
Concordato preventivo, il nuovo termine è al 12 dicembre
Con la riapertura dei termini previsti dal governo, le partite Iva hanno tempo fino al 12 dicembre per aderire al concordato preventivo. È bene, inoltre, sottolineare che l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha chiarito che l’intervento adottato non rappresenta una proroga, in quanto questa avrebbe fatto slittare il conteggio delle risorse recuperate dal “Fisco amico” e, dunque, il loro utilizzo. Si sarebbe trattato di un problema non da poco per il governo che, infatti, punta alla riduzione delle tasse prevista dalla Legge di Bilancio 2025 proprio sfruttando i proventi del concordato preventivo.
Sono state stabilite anche delle soglie di raccolta, al superamento delle quali si potrà dire se il concordato preventivo è stato soddisfacente oppure no in relazione al suo scopo dichiarato. Più nel dettaglio, come scrive Repubblica, rivolgendosi a una platea di 4,7 milioni di contribuenti, la misura sarebbe:
soddisfacente con una quota di adesione pari a 200mila contribuenti;
discreta con un’adesione pari a 150mila contribuenti;
negativa con un’adesione inferiore a 100mila contribuenti.
Il governo rivendica la scelta
Se è vero che la misura del concordato preventivo è stata fin da subito accompagnata da una serie di polemiche, lo è altrettanto che il governo ha sempre rifiutato l’ipotesi di considerare l’intervento un flop. Questo slittamento dei termini, per il viceministro dell’Economia e delle Finanze Maurizio Leo, si muove proprio nella direzione di ascolto dei contribuenti e di tutti gli attori coinvolti.
Ecco dunque che il governo, “dopo un confronto con le categorie e i professionisti ha deciso di allargare ulteriormente la possibilità di aderire a una misura apprezzata e conveniente per tutti: Stato e cittadini “, ha detto Leo. “Si è potuto fare solo ora – ha aggiunto – in quanto al 31 ottobre era necessario acquisire dati certi sul gettito del concordato per avviare un’ulteriore riduzione delle tasse dal 2025. Il Fisco che abbiamo sempre professato di volere è proprio questo: semplice e dialogante con i contribuenti”.
A rivendicare l’ultima mossa è soprattutto uno dei principali tre partiti che sostengono la maggioranza, ovvero Forza Italia. Il leader azzurro Antonio Tajani ha sottolineato che tutta nasca da una richiesta del suo partito e dalla volontà, con le risorse che arriveranno grazie al nuovo termine, di “sostenere il ceto medio, abbassare l’Irpef e far pagare meno tasse alle famiglie italiane”.
Per l’Anc non basta, resta un flop
Malgrado gli annunci dell’esecutivo vadano in tutt’altro senso, per l’Anc (Associazione nazionale commercialisti) anche il nuovo termine non riuscirà a salvare il concordato preventivo dal flop. Con la scadenza al 12 dicembre, per l’Anc, potrebbe infatti esserci “un gettito aggiuntivo di 200-400 milioni di euro”, ovvero un incasso per lo Stato “notevolmente inferiore a quanto atteso dal Governo”.
E ancora: “Una riapertura dei termini difficilmente concretizzerà un extra gettito soddisfacente o comunque utile al raggiungimento dei 2,5 miliardi previsti originariamente, finalizzati alla riduzione di due punti dell’aliquota del secondo scaglione Irpef”.
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