Verso un’edilizia sostenibile: riutilizzo dei materiali da demolizione
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Verso un’edilizia sostenibile: riutilizzo dei materiali da demolizione
La gestione sostenibile e legale dei materiali da demolizione richiede unâosservanza rigorosa delle normative vigenti. Ă essenziale distinguere chiaramente tra rifiuti e sottoprodotti e fornire prove concrete per la qualificazione dei materiali per andare verso un’edilizia sostenibile:. La giurisprudenza della Cassazione ribadisce che la demolizione non può essere considerata un processo di produzione, pertanto i materiali risultanti devono essere trattati come rifiuti, salvo prova contraria chiara e convincente.
I materiali derivanti da demolizioni rappresentano una risorsa significativa nel settore delle costruzioni, poichĂŠ possono essere riutilizzati come sottoprodotti in altri processi produttivi. Tuttavia, il loro impiego deve avvenire in conformitĂ con le normative vigenti per garantire sia la sostenibilitĂ ambientale che la legalitĂ .
Normative di riferimento
La gestione dei rifiuti e dei sottoprodotti è regolata da specifiche norme, tra cui il D.Lgs. 152/2006 (Testo Unico Ambientale), che stabilisce i criteri per qualificare un materiale come rifiuto o sottoprodotto, e il D.M. 152/2022 (End Of Waste), che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto per i materiali inerti derivanti da costruzione e demolizione.
Intervento della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18020/2024, ha chiarito importanti aspetti riguardanti la distinzione tra attività di demolizione e processo di produzione. Secondo la Corte, la demolizione di un edificio non può essere considerata un processo di produzione, il che implica che i materiali derivanti da essa sono da considerarsi rifiuti e non sottoprodotti.
Caso di studio
Un caso specifico ha coinvolto unâimpresa di costruzioni condannata per aver realizzato una strada di cantiere utilizzando materiali da demolizione, scarti vegetali, carta e cartone. Il tribunale ha ritenuto che tali materiali, trovati in un cantiere, non provenissero da un’area limitrofa e che fossero miscelati e non adeguatamente separati. Lâimpresa sosteneva che i materiali derivassero da un cantiere adiacente e fossero impiegati per la costruzione della strada. Tuttavia, la Corte ha ribadito che lâonere della prova spetta a chi invoca lâesclusione della natura di rifiuto.
Differenza tra rifiuto e sottoprodotto
La qualificazione di un materiale come sottoprodotto richiede il rispetto di precise condizioni legali (art. 184-bis, D.Lgs. 205/2010). Tra queste condizioni:
- Il materiale deve originarsi come parte integrante di un processo di produzione, il cui scopo primario non è la produzione del materiale stesso.
- Ă necessario garantire lâimpiego del materiale durante il processo di produzione attuale o in uno successivo.
- Il materiale può essere utilizzato direttamente senza ulteriori trattamenti, oltre le normali pratiche industriali.
- Lâutilizzo del materiale non deve avere impatti negativi sullâambiente o sulla salute umana.
Nel caso analizzato, lâimpresa non ha dimostrato che i materiali abbandonati soddisfacessero tutte queste condizioni.
Coerenza con la normativa End Of Waste
La sentenza della Cassazione non menziona specificamente il D.M. 152/2022, ma i principi enunciati sono coerenti con la normativa vigente sull’End Of Waste. Entrambe le normative convergono sulla necessitĂ di dimostrare che specifiche condizioni siano soddisfatte per qualificare un materiale come sottoprodotto anzichĂŠ rifiuto.
La gestione sostenibile e legale dei materiali da demolizione richiede unâattenta osservanza delle normative esistenti. La distinzione tra rifiuti e sottoprodotti è cruciale e deve essere dimostrata con prove concrete. La recente giurisprudenza della Cassazione ribadisce che la demolizione non può essere considerata un processo di produzione, imponendo quindi che i materiali derivanti siano trattati come rifiuti a meno che non si dimostri il contrario in modo chiaro e convincente.